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Lenny Zakatek, the Voice

Lenny Zakatek è il cantante e leader del gruppo britannico Gonzalez, la band che Disco Diva ospiterà sul palco venerdì 15 giugno 2018. Tra i tanti successi dei Gonzalez, uno in particolare è apprezzatissimo dai disco lovers; è la hit Haven’t stopped dancing yet, ai primi posti delle disco-charts.

Lenny Zakatek è stato anche il cantante in alcuni dei più grandi successi di Alan Parsons Project, il gruppo rock creato dall’ingegnere del suono agli Abbey Road Studios di Beatles e Pink Floyd (i DJ più raffinati proponevano spesso il capolavoro, molto “soulful”, I wouldn’t want to be like you).

Lenny Zakatek è anche solista, ha pubblicato il suo primo album, omonimo, nel 1979; molto programmato dalle radio soft rock statunitensi. Il nuovo album pubblicato da Lenny, attesissimo, è intitolato Love letters.

Parlare di musica con Lenny Zakatek equivale ad attraversare quattro decenni di grande musica, dal jazz-funk al pop-rock, dal soul alla disco.

 

Quando hai iniziato nel 1974 con il gruppo Gonzalez com’era la scena dance in UK? Puoi raccontarci qualcosa considerando che l’avvento della “disco” è avvenuto qualche anno dopo?

Nel 1974 la dance non era ancora molto popolare. Gonzalez era soprattutto una band di musica jazz-funk e solo nel 1979 siamo saliti alla ribalta della disco con Haven’t stopped dancing yet. Gonzalez hanno suonato nei club inglesi più rinomati come il Ronnie Scott’s o il Wigan Casino. Suonavamo negli “allnighter” quindi le esibizioni duravano per davvero tutta la notte; partivamo da Nottingham e dopo due ore di viaggio, alle 3 di notte, suonavamo a Wigan.

 

 

Negli anni ’70 la separazione tra chi ascoltava la musica rock e chi la musica dance era molto netta, addirittura in contrapposizione; com’è nata la collaborazione con il gruppo Alan Parsons Project tenendo conto che Alan Parsons era il sound engineer di Beatles e Pink Floyd?

Le radio inglesi, in particolare Radio 1, non passavano la musica dance ad eccezione di qualche brano Philly Sounds importato dagli Stati Uniti. Haven’t stopped dancing yet ha avuto successo prima in America e solo in seguito nel Regno Unito. Eric Woolfson, uno dei fondatori del gruppo Alan Parsons Project, era un grande fan dei Gonzalez; quindi mi invitò agli Abbey Road Studios per cantare una canzone (I wouldn’t want to be like you – n.d.r.). Non l’avevo mai sentita, l’ascoltai tutta la notte e la provai per ben 3 volte. A quel tempo non sapevo chi fosse Alan Parson, tanto meno che era il sound engineer dell’album The dark side of the moon, così non mi agitai per niente, fui tranquillissimo… e tutto andò bene. Iniziai così la collaborazione con Alan Parsons Project.

 

 

 

 

 

 

 

Il primo album da solista, siamo nel 1979, è molto apprezzato dagli appassionati del genere AOR (Adult Oriented Rock) insieme a quelli di band come Steely Dan, Doobie Brothers, Daryl Hall & John Oates. Fare un disco con quel particolare, bellissimo, sound è stato “studiato a tavolino” per entrare in un mercato diverso e più raffinato?

Sono molto orgoglioso del mio primo disco da solista ma al tempo stesso sono anche un pò triste. L’album è stato prodotto da Alan Parson, una grande produzione, vi hanno partecipato gli straordinari musicisti dei Gonzalez (ecco il perché del sound “jazzy”) io ho dato il massimo e del disco sono molto soddisfatto, è stata un’esperienza bellissima. E’ stato anche un onore veder pubblicato l’album dalla casa discografica A&M (proprietà di Herb Alpert – n.d.r.) che pubblicava i dischi di Police, Supertramp, Joan Armatrading. Purtroppo la A&M non ha creduto fino in fondo al progetto.Il successo dei Gonzalez era partito prima dagli States piuttosto che dal Regno Unito; la cosa ha evidentemente creato qualche problema tra la A&M americana e quella inglese. E poi non ero molto conosciuto; ricordo, infatti, che quando incontrai il manager della A&M dovetti lasciare nella sala d’attesa alcune mie foto per farmi riconoscere. In ogni caso, ripeto, è stata un’esperienza bellissima, l’album era eccellente, grazie anche ai musicisti, in particolare al fantastico tastierista Max Middleton (John Giblin al basso – n.d.r.).    

Quali sono gli artisti che consideri un punto di riferimento?

Ci sono parecchi cantanti e anche gruppi, oltre a quelli già citati: Bobby “Blue” Bland, Solomon Burke… sono cresciuto con Joe Tex… Dyke & the Blazers… da giovanissimo ero affascinato dalla voce di Dinah Washington, Tony Bennett, Al Green, Otis Redding… e anche Elvis. Mi piaceva il soul americano. All’età di 17 anni lo andavo a cantare nelle basi militari statunitensi in Germania; è stata un’esperienza bellissima e tristissima al tempo stesso; in quella base ci si addestrava per andare in Vietnam 

Con Haven’t stopped dancing yet, scritta da Marc Bolan e Gloria Jones, è arrivato il grande successo in discoteca; come ricordi quel periodo?

Per farci conoscere con Gonzalez suonavamo in club jazz-funk; ci guadagnavamo solo in reputazione perché di soldi se ne vedevano pochi. Con Haven’t stopped dancing yet la vita è cambiata: andavamo in club più commerciali e guadagnavamo di più. Tutto molto bello però, dopo un po’, è tornata la voglia di suonare nei club di nicchia la musica jazz-funk.

A seguito di Marc Bolan dei T-Rex, grande fan dei Gonzalez, venne dagli Stati Uniti la cantante Gloria Jones. Ho una storia divertente da raccontare: Gloria, per una sua canzone (Haven’t stopped dancing yet) cercava un cantante di pelle scura, ispanico, con voce particolare e… un bel fondo schiena. Non so perché abbia scelto me… (Lenny sorride) non sono ispanico, forse avevo entrambi gli altri requisiti.

Con il successo di Haven’t stopped dancing yet è arrivata la grande notorietà, eravamo ospiti nei TV show e nei dibattiti, la vita era davvero cambiata anche la nostalgia per il periodo jazz-funk era tanta. Quella volta non c’erano i talent a lanciarti, dovevi essere bravo e basta. Anche Bob Marley & the Wailers ci scelsero per aprire un loro concerto, poi ne facemmo diversi altri. Avrebbero potuto scegliere chiunque nel mondo ma decisero per noi… è stato il momento più eccitante della mia vita professionale. 

 

I Gonzalez hanno suonato in club londinesi molto famosi come Flamingo, Whisky a Go Go, Marquee… in questi club si esibivano gruppi come Animals e Yardbirds, erano per la nostra band un vero e proprio trampolino di lancio, se ti facevano suonare voleva dire che lo meritavi.

 

Parlaci del Tuo ultimo album Love letters; siamo certi che tutti i soul-lovers lo apprezzeranno tantissimo:

sono molto, molto orgoglioso di Love letters. Avevo delle canzoni nel cassetto da anni e non volevo darle in pasto ai “talent”; le ho fatte sentire a Steve Jeffreis, influenzato dalla musica di Buddy Miles, gli sono piaciute e mi ha spronato a scendere in campo. Love letters è un autentico album soul con canzoni romantiche e arrangiamenti che valorizzano il canto. La realizzazione dell’album ha richiesto molta concentrazione; avendo fatto tutto da soli, produzione compresa, avevamo lo sguardo degli altri produttori puntati addosso. Dopo 30 anni di pausa, la realizzazione dell’album mi ha impegnato sia vocalmente che fisicamente.  

Abbiamo presentato Love letters in tour a New York e Miami proponendo anche canzoni di artisti che amo come Buddy Guy e la sua stupenda Skin deep. Negli States è stato molto apprezzato anche se mi aspettavo maggior promozione da parte delle radio. Spero che questo album, così romantico, esca anche in Italia che è il paese più romantico.

Di sicuro la Tua partecipazione a Disco Diva sarà indimenticabile; Lenny Zakatek’s Gonzalez ritorna ad esibirsi per il suo pubblico “da discoteca”; che ne pensi?

Sono davvero molto eccitato per Disco Diva. Ricordo che tra le prime serate che ho fatto con il mio gruppo Funky Fever sono state a Bologna e Rimini, 30 anni, anzi di più, 40 anni fa. Ci aveva scritturato Walter Lanzetti per il suo locale… sto diventando pazzo per ricordarne il nome (Yeh Yeh – n.d.r.) siamo rimasti a Rimini ben due settimane e Lanzetti mi prestava la sua Ferrari per girare e fare promozione al nostro concerto. Tornare dopo 40 anni è incredibile… Disco Diva saved my life… dream come true!

 

 

 

 

 

L’ultima che facciamo non è tanto una domanda quanto una curiosità: nell’album I robot di Alan Parsons Project c’è il brano intitolato “The Voice”… è dedicato a Lenny Zakatek?

Non penso che The voice sia dedicata a me (Lenny sorride) anche perché quando i giornalisti americani mi soprannominarono The voice, per la mia duplice vocalità soul e rock, lo fecero con l’uscita di Haven’t stopped dancing yet, quindi alcuni anni dopo l’album I robot di Alan Parsons Project. Ma se volete chiamarmi The voice (Lenny sorride) fatelo pure!

 

 

Contributors: Francesco Tassinari, Giacomo Bruschi

Photo (b&w): record company

Photo (colour): Robert Marcus Klump